L'ideale del Bodhisattva
nel Theravada e nel Mahayana

di Walpola Rahula

(tradotto dall'inglese da Flavio Pelliconi)


C'è una convinzione, particolarmente diffusa in Occidente, che l'ideale del Buddhismo Theravada – che viene comunemente identificato coll'Hinayana – sia di diventare un Arahant, mentre quello del Mahayana sia di diventare un Bodhisattva per conseguire alla fine lo stato di Buddha [1]. Dobbiamo affermare categoricamente che ciò è sbagliato. Quest'idea fu divulgata da alcuni dei primi orientalisti, in un'epoca in cui gli studi buddisti in Occidente erano agli inizi; altri studi che seguirono la presero per buona, senza curarsi di esaminare il problema né le vive tradizioni dei paesi buddisti. La realtà è che tanto il Theravada quanto il Mahayana accettano unanimemente l'ideale del Bodhisattva come il piú elevato.

I termini Hinayana (piccolo veicolo) e Mahayana (grande veicolo) sono ignoti agli estensori degli scritti in Pali. Non si trovano nel Canone Pali (Tipitaka) né nei commentari sul Tipitaka e neanche nelle Cronache Pali di Sri Lanka [2], il Dipavamsa [3] e il Mahavamsa. Il Dipavamsa (IV sec. d.C. ca.) e alcuni commentari Pali [4] menzionano i Vitandavadin, evidentemente una setta buddista dissidente che intratteneva alcune convinzioni non ortodosse sull'insegnamento del Buddha. I Vitandavadin e i Theravadin citano entrambi le medesime autorità e i medesimi sutra del Tipitaka per sostenere le rispettive interpretazioni. Il Mahavamsa [5] (V sec. d.C.) e un commentario sull'Abhidhamma [6] accennano ai Vetulla- o Vetulyavadin (sanscrito: Vaitulyavadin) invece dei Vitandavadin. Dalle testimonianze di questi testi si può dire senza tema di errore che questi due termini – Vitanda e Vetulya – designano la medesima scuola o setta.

Dall'Abhidharma-samuccaya [7], un autorevole testo filosofico mahayana (IV sec. d.C.) apprendiamo che i termini Vaitulya e Vaipulya sono sinonimi e che Vaipulya è il Bodhisattva Pitaka. Ora, il Bodhisattva Pitaka è decisamente mahayana. Quindi il termine Vaitulya indica senza ombra di dubbio il Mahayana.

Perciò possiamo essere certi che i termini Vitanda e Vetulya usati nelle cronache Pali e nei commentari si riferiscono al Mahayana. Ma i termini Hinayana e Mahayana sono sconosciuti o ignorati dai suddetti testi.

È universalmente accettato dagli studiosi che i termini Hinayana e Mahayana sono creazioni successive. Parlando dal punto di vista storico, il Theravada esisteva ben prima che questi termini entrassero in uso. Lo stesso Theravada, considerato l'insegnamento originario del Buddha, fu introdotto nello Sri Lanka e lí si stabilí nel III sec. a.C., quando l'imperatore Asoka regnava sull'India. A quell'epoca non c'era nulla che si chiamasse Mahayana, parola che apparve molto tempo dopo, circa all'inizio dell'era cristiana. Senza Mahayana non può esservi Hinayana. Il buddismo che andò a Sri Lanka con il suo Tipitaka e i commentari, nel III sec. a.C., vi rimase intatto come Theravada e non s'intromise nella disputa Hinayana-Mahayana che si sviluppò piú tardi in India. Ci sembra perciò illecito includere il Theravada in una di queste due categorie. Comunque, sin dall'inaugurazione della Fratellanza Buddista Mondiale a Sri Lanka nel 1950, le persone ben informate, in Oriente come in Occidente, usano il termine Theravada e non il termine Hinayana per riferirsi alla forma di buddismo prevalente nel Sud-Est asiatico, in paesi come Sri Lanka, la Birmania, la Thailandia e la Cambogia (vi sono comunque alcune persone arretrate che continuano a usare il termine Hinayana, che è, quantomeno, politically incorrect).

Il Mahayana tratta principalmente del Bodhisattvayana, ossia del veicolo del Bodhisattva. Ma non ignora gli altri due veicoli, Sravakayana e Pratiekabuddhayana [8]. Per esempio, Asanga, fondatore del sistema Yogacara, nella sua opera maggiore, lo Yogacarabhumisastra, dedica due sezioni allo Sravakabhumi e al Pratiekabuddhabhumi, proprio come ne dedica una al Bodhisattvabhumi, cosa che dimostra che tutti e tre gli yana godono di considerazione nel Mahayana. Ma lo stato di uno Sravaka o di un Pratiekabuddha è inferiore a quello di un Bodhisattva. Ciò concorda con la tradizione Theravada la quale pure sostiene che si può diventare un Bodhisattva e conseguire lo stato di Buddha pienamente risvegliato; ma se non si riesce, si può ottenere lo stato di Pratiekabuddha o di Sravaka a seconda delle capacità. Questi tre stati si devono considerare come tre conseguimenti della medesima via. Infatti, il Sandhinirmocanasutra (un sutra mahayana) afferma chiaramente che lo Sravakayana e il Mahayana costituiscono un solo yana (ekayana) e che non sono due differenti e distinti "veicoli"[9].

Che significano questi termini Sravaka, Pratiekabuddha e Bodhisattva? Molto in breve:

Uno Sravaka è un discepolo di un Buddha. Un discepolo può essere uomo o donna, monaco o laico. Ma per la sua liberazione uno Sravaka segue e pratica gli insegnamenti di un Buddha e infine consegue il nirvana. Egli serve anche gli altri, ma la sua capacità di farlo è molto limitata.

Un Pratiekabuddha (Buddha solitario) è una persona che realizza da solo il nirvana in un epoca in cui non c'è un Samyaksambuddha, un Buddha pienamente risvegliato, nel mondo. Anche lui rende servizi agli altri, ma in modo limitato. Non è in grado di rivelare agli altri la Verità nello stesso modo di un Samyaksambuddha.

Il Bodhisattva è una persona (monaco o laico) che è nella posizione di conseguire il nirvana come Sravaka o come Pratiekabuddha, ma per la grande compassione (maha-karuna) che prova per il mondo vi rinuncia e continua a soffrire nel samsara per il bene degli altri. Si perfeziona nel corso di un periodo di tempo incalcolabile e, infine, realizza il nirvana e diviene un Arahant, Samyaksambuddha, un Buddha pienamente risvegliato. Egli scopre la Verità e la diffonde nel mondo. La sua capacità di essere utile agli altri è illimitata.

La definizione dei tre yanika (seguaci dei tre yana) data da Asanga è istruttiva e chiarifica alcuni punti [10]. Secondo lui uno Sravakayanika (chi prende il veicolo del discepolo) è una persona che vivendo secondo la legge del discepolo, avendo per natura facoltà (qualità) deboli, dedito alla propria liberazione tramite la coltivazione del distacco, dipendendo dal Canone dei Discepoli (Sravaka-pitaka), pratica le maggiori e le minori qualità, gradualmente pone fine alla sofferenza.

Un Pratiekabuddhayanika (chi prende il veicolo dei Buddha solitari) è una persona che vive secondo la legge dei Buddha solitari, per natura ha facoltà medie, dedito alla propria liberazione tramite la coltivazione del distacco, avendo l'intenzione di conseguire l'illuminazione esclusivamente tramite il proprio sviluppo mentale, dipendendo dallo Sravaka-pitaka, praticando le maggiori e minori qualità, nato in un'epoca in cui non ci sono Buddha nel mondo, gradualmente pone fine alla sofferenza.

Un Mahayanika (chi prende il grande veicolo) è una persona che, vivendo secondo la legge dei Bodhisattva, avendo per natura facoltà acute, dedito alla liberazione di tutti gli esseri, dipendendo dal Canone dei Bodhisattva, fa maturare altri esseri, coltiva il puro campo di Buddha, riceve predizioni e dichiarazioni (vyakarana) dai Buddha e infine realizza il perfetto e completo Risveglio.

Da questo si può vedere che chiunque aspiri a diventare un Buddha è un Bodhisattva, un mahayanista, anche se vive in un paese o in una comunità popolarmente considerata theravada o hinayana. Similmente, una persona che aspira a conseguire il nirvana come discepolo è uno Sravakayanika o hinayanaista, anche se appartiene a un paese o a una comunità considerati mahayana. È perciò stupido credere che non vi siano Bodhisattva nei paesi theravada o che siano tutti Bodhisattva nei paesi mahayana. Non è concepibile che gli Sravaka e i Bodhisattva siano limitati in particolari aree geografiche.

Inoltre Asanga dice che quando un Bodhisattva infine consegue il Risveglio (bodhi) diviene un Arahant, un Tathagata (ossia un Buddha) [11]. Qui bisogna ben comprendere che non solo uno Sravaka (discepolo) diviene un Arahant, ma che anche un Bodhisattva diviene un Arahant quando infine consegue la buddità. La posizione del Theravada al riguardo è esattamente la stessa: il Buddha è un Arahant: araham sammasambuddho, "Arahant, un Buddha pienamente e perfettamente risvegliato".

Il Mahayana dice inequivocabilmente che un Buddha, un Pratiekabuddha e uno Sravaka (discepolo) sono tutti e tre uguali e sullo stesso piano per quanto riguarda il loro Risveglio (bodhi), per quanto riguarda la loro liberazione dalle contaminazioni o impurità (kelesavarana-visuddhi). Ciò è chiamato anche Vimuktikaya (corpo di liberazione), e in esso non c'è differenza fra i tre. Ciò significa che non ci sono differenti nirvana o vimukti per queste tre persone, il nirvana e la vimukti sono gli stessi per tutti e tre. Ma solo un Buddha (non gli Sravaka e i Pratiekabuddha) consegue la piena liberazione da tutti gli ostacoli alla conoscenza (jneyavaranavisuddhi). Questo si chiama anche dharmakaya (corpo del Dharma). è in questo e in altre innumerevoli qualità, capacità e abilità che i Buddha divengono superiori agli Sravaka e ai Pratiekabuddha [12].

Questa visione mahayana coincide perfettamente col Tipitaka Pali theravada. Nel Samyutta-nikaya il Buddha dice che il Tathagata (ossia il Buddha) e un bhikkhu (ossia uno Sravaka, discepolo) liberati dalla saggezza sono uguali nella loro vimutti (liberazione); ma il Tathagata è differente e si distingue dai bhikkhu liberati per il fatto che egli (il Tathagata) scopre da solo e poi mostra agli altri la via (magga) che prima era sconosciuta [13].

Questi tre stati dello Sravaka, del Pratiekabuddha e del Buddha sono menzionati nel Nidhikanda-sutta del Khuddakapatha, il primo libro del Kuddhaka-nikaya, una delle cinque raccolte del Tipitaka theravada. Vi si dice che praticando virtú come la carità, la moralità, l'autocontrollo ecc. si può ottenere, tra le altre cose, "la perfezione del discepolo" (savakaparami), il "Risveglio del Pratiekabuddha (paccekabodhi) e il "campo di Buddha" (Buddhabhumi)[14]. Essi non vengono qui chiamati yana (veicoli).

Nella tradizione theravada sono conosciuti come bodhi, non come yana. L'Upasakajanalantara, un trattato pali che espone l'etica dei buddisti laici, scritto nel XII sec. da un Thera di nome Ananda nella tradizione theravada del Mahavihara di Arudhapura, a Sri Lanka, dice che ci sono tre bodhi: Savakabodhi (sct. Sravakabodhi), Paccekabodhi (sct. Pratiekabodhi) e Sammasambodhi (sct. Samyaksambodhi) [15]. Un capitolo intero di questo libro è dedicato alla disamina di queste tre bodhi in gran dettaglio. Dice inoltre che, quando un discepolo consegue la bodhi (il Risveglio) viene chiamato Savaka-Buddha (sct. Sravaka-Buddha) [16]. Un discepolo, che non abbia conseguito la bodhi, se conosce eccezionalmente bene il Tipitaka, è talvolta chiamato Suta-Buddha che significa "un Buddha (un risvegliato) per erudizione" che è, ovviamente solo un titolo onorifico conferito in rispettoso riconoscimento della profonda erudizione raggiunta negli insegnamenti del Buddha [17].

Il Theravada, proprio come il Mahayana, pone il Bodhisattva nella posizione piú elevata. Il commentario sui Jataka, nella tradizione del Mahavihara di Anuradhapura fa un esempio preciso [18].

Nel lontano passato, molti incalcolabili eoni or sono, Gotama il Buddha durante la sua carriera di Bodhisattva, era un asceta di nome Sumedha. In quel tempo vi era un Buddha di nome Dipankara, che lui incontrò e ai cui piedi egli avrebbe avuto la capacità di conseguire il nirvana come discepolo (Sravaka). Ma Sumedha rinunciò e decise, a causa della sua grande compassione per il mondo, di diventare un Buddha come Dipankara, per salvare gli altri. Allora il Buddha Dipankara predisse che quel grande asceta sarebbe, un giorno, diventato un Buddha [19] ed offrí a Sumedha otto manciate di fiori e fece attorno a lui la Pradaksina [20]. E anche i discepoli del Buddha Dipankara che stavano con lui offrirono fiori al Bodhisattva e fecero la Pradaksina. Questa storia di Sumedha dimostra in quale considerazione sia tenuto il Bodhisattva nel Theravada.

Anche se il Theravada sostiene che tutti possono essere Bodhisattva, non ne fa conseguire che tutti "debbano" essere Bodhisattva, perché la cosa non sarebbe pratica. La decisione se intraprendere o meno la via dello Sravaka, del Pratiekabuddha o del Samyaksambuddha  è lasciata all'individuo. Ma spiega chiaramente che lo stato del Bodhisattva è superiore e che gli altri due sono inferiori. Senza per questo svalutarli.

Nel XII sec. d.C. in Birmania (paese strettamente Theravada) il re Alaungsithu di Pagan, dopo aver fatto costruire il tempio Shwegugyi, vi pose un'iscrizione in versi pali per commemorare questo atto di devozione in cui pubblicamente dichiarò la propria risoluzione a diventare un Buddha e non uno Sravaka [21].

Nello Sri Lanka, nel X sec., il re Mahinda IV (956-972 d.C.) in un'iscrizione[22] proclamò che "nessuno che non fosse un Bodhisattva sarebbe diventato re di Sri Lanka". Perciò si tramandò la credenza che i re di Sri Lanka fossero Bodhisattva. Prima di allora, secondo due iscrizioni su roccia a Vessagiriya, nello Sri Lanka del V o VI sec. d.C., due persone normali, dopo aver compiuto qualche opera meritoria, espressero il desiderio di conseguire la buddità [23].

Un Thera di nome Maha-Tipitaka Culabaya, autore del Milinda-Tika (XII sec. d.C.) nella tradizione theravada del Mahavihara di Anuradhapura, dice, alla fine del libro, nel colophon, di aspirare a diventare un Buddha: Buddho-bhareyyam "Possa io divenire un Buddha" [24], il che significa che l'autore è un Bodhisattva.

Alla fine di alcuni manoscritti di testi buddisti vergati su foglie di palma a Sri Lanka ci sono i nomi di alcuni copisti che hanno scritto il loro nome e il desiderio di diventare Buddha, e anch'essi devono essere considerati Bodhisattva.

Al termine di una cerimonia religiosa o di un atto di devozione, il bhikkhu che dispensa la benedizione in genere esorta i presenti a formulare la risoluzione di conseguire il nirvana realizzando una delle tre Bodhi: Sravakabodhi, Pratiekabodhi o Samyaksambodhi secondo il loro desiderio e le loro capacità.

Vi sono molti buddisti sia Bhikkhu sia laici nello Sri Lanka, in Birmania, in Thailandia e in Cambogia, paesi tradizionalmente theravada, che fanno voto di diventare Buddha per salvare gli altri. Essi, in verità, sono Bodhisattva a livelli diversi di sviluppo. Cosí si può vedere che nei paesi theravada non tutti sono Sravaka. Ci sono anche i Bodhisattva.

C'è una significativa differenza tra Theravada e Mahayana riguardo all'ideale del Bodhisattva. Il Theravada, sebbene sostenga il primato dell'ideale del Bodhisattva, non ha scritture separate dedicate a questo tema. Gli insegnamenti sull'ideale del Bodhisattva e al suo corso di sviluppo si trovano sparsi in piú luoghi della letteratura pali. Il Mahayana, dedicato per definizione all'ideale del Bodhisattva non solo ha prodotto una notevole mole di scritti a proposito, ma ha anche creato una classe di mitici Bodhisattva.
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Note al testo:

1 Vedremo piú avanti che anche un Buddha è un Arahant, sia dal punto di vista del Theravada, sia da quello del Mahayana. [ritorna al testo]
2 Ho preferito la denominazione "Sri Lanka" a quella di Ceylon, che risale all'epoca colonialista, perché è quella oggi universamente adottata e riconosciuta [N.d.T.].[ritorna al testo]
3 Dipavamsa, XXII, 41,42 [ritorna al testo]
4 Vibhanga-Atthakatha (Tripitaka Publication Press, Colombo, 1932),pp. 7, 36, 223; Majjhimanikaya-Athhakatha II (Tripitaka Publication Press, Colombo, 1943), pp. 302, 335. Questi commentari vennero tradotti in Pali da Buddhaghosa nel V sec. d.C. ad Anuradhapura, Sri Lanka, dall'originale cingalese. Ma l'origine dei commentari cingalesi risale al III sec a.C. e il loro sviluppo continuò fino al II sec. d.C. circa. [ritorna al testo]
5 Mhv. XXXVI, 41, 111. [ritorna al testo]
6 Pancappakarana-Atthakatha I (Tripitaka Publication Press, Colombo, 1936), p. 190. [ritorna al testo]
7 Abhidharma-samuccaya, ed. Pradhan (Santiniketan, 1950), p. 79. [ritorna al testo]
8 Si noti che non si menziona alcun Arahant-yana. [ritorna al testo]
9 Sandhinirmocanastutra, edito e tradotto da Etienne Lamotte, Lovanio (1935), pp. 73, 147, 198, 255. [ritorna al testo]
10 Abhidharma-samuccaya, p. 87. [ritorna al testo]
11 Ibid. pag. 101. [ritorna al testo]
12 Sandhinirmocana-sutra, pp. 100, 149, 219, 219, 257; Bodhisattvabhumi,p. 3; Trimsika, p. 15; Siddhi, p. 566. [ritorna al testo]
13 Samyutta-nikaya III (PTS), p. 66. [ritorna al testo]
14 Khuddakapatha (PTS), p. 7. [ritorna al testo]
15 Upasakajanalankara (PTS), p. 340. [ritorna al testo]
16 Ibid. p. 344. [ritorna al testo]
17 DA III (PTS), p. 745; MA I, Tripitaka Publication Press, Colombo 1933, p. 209. [ritorna al testo]
18 Jataka, (PTS), p. 16. [ritorna al testo]
19 Ciò è il Vyakarana, "predizione" o "dichiarazione", fatto da un Buddha, al quale ci si riferiva prima nella definizione di Mahayanika di Asanga. Non c'è alcuna garanzia che tutti coloro che fanno il voto del Bodhisattva diventeranno un giorno dei Buddha. Ma quando un Bodhisattva riceve il Viakarana da un Buddha è certamente destinato a diventare un Buddha. [ritorna al testo]
20 La Pradaksina è una circumambulazione in senso orario che si compie attorno ad un oggetto degno di venerazione, mantenendo tale oggetto alla propria destra. Compiere una Pradaksina è un gesto che denota la massima venerazione. [ritorna al testo]
21 Una parte di questa iscrizione è stata riprodotta in inglese nel Buddhist Devotion and Meditation di Pe Maung Tin (Londra, S.P.C.K., 1964, pp. 56-58. [ritorna al testo]
22 Epigraphia Zeilanica, I, pp. 234, 237. [ritorna al testo]
23 Ibid. IV, pp. 132, 133. [ritorna al testo]
24 Milinda-Tika (PTS), p. 73. Questo è un subcommentario (tika) al celebre Milinda Panha (Le domande di Milinda), al quale ci si riferisce come un'autorità persino nei commentari Pali.[ritorna al testo]

Aggiornato: 21.03.2005 23:23

Om Sweet OM