La vacuità non è il nulla
Trenta raggi s'incontrano nel mozzo della ruota e in quel che è
il suo vuoto sta l'uso del carro. Si tratta l'argilla e se ne foggia un vaso e
in quel che è il suo vuoto sta l'uso del vaso. Si forano porte e finestre
per fare una casa e in quel che è il suo vuoto sta l'uso della casa.
Perciò dal pieno viene il possesso, dal vuoto viene
l'utilità.
Dao-de-jing, cap. XI
Che la vacuità non sia il nulla è un concetto che
dovrebbe essere di per sé evidente, dal punto di vista linguistico ancor
prima che da quello filosofico. In geometria, per esempio, una linea retta
è composta di punti che, pur non avendo, per definizione, alcuna
dimensione, nulla non sono.
Nella filosofia buddista sunyata
è un vuoto ontologico, ma non è il nulla, anzi, è una
vacuità gravida di potenzialità. I matematici indiani, che avevano
inculturato questo concetto, trasponendolo in aritmetica inventarono lo zero e
la scrittura posizionale dei numeri. In sanscrito, infatti, «zero» si
dice sunya. Graficamente è rappresentato come un piccolo cerchio
vuoto. Questo per sottolineare come la matematica non sia meno debitrice al
Buddha di quanto non lo sia a Pitagora.
La dottrina buddista del
vuoto ha dovuto attendere la fisica del XX secolo per avere una conferma
esterna. Fino ad allora era solo un dogma autoreferente e di ardua comprensione
per la maggioranza delle persone. Ma da quando si poté osservare che il
rapporto tra pieno e vuoto all'interno di un atomo è paragonabile a quello
che intercorre tra un nucleo pieno grande come una capocchia di spillo attorno
alla quale gli elettroni descrivono orbite vuote grandi come la cupola di San
Pietro, è molto più facile comprendere di quanto non fosse nei secoli
passati in che senso «tutti i dharma sono vuoti». Oggi possiamo
tranquillamente affermare che il Buddha aveva ragione, almeno per quel che
riguarda la struttura della «materia».
L'idea dello zero
sarebbe potuta venire a un matematico condizionato dal dogma monoteistico? Un
contesto che si muove verso l'esperienza-limite della pienezza avrebbe potuto
concepire l'esperienza-limite della vacuità? Sono domande che non hanno
risposta. Rimane, storicamente provato, il fatto che furono i matematici indiani
a scoprire lo zero perché pensavano la vacuità.
Inserito Sab
- Dicembre
31, 2005, 05:53 p. in
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