Thich Tri Luc, monaco in esilio

L’ex monaco buddista Thich Tri Luc è stato rapito, imprigionato e ha subito violenze dalle autorità vietnamite. Ora vive in Svezia e racconta la sua storia rimarcando gli abusi sui diritti umani che vengono regolarmente compiuti in Vietnam …

Thich Tri Luc al Parlamento EuropeoIl Vietnam, che per molto tempo è stato sinonimo di sofferenza a causa degli attacchi anticomunisti americani degli anni Sessanta e Settanta, oggi è diventato una nota meta turistica. Ma dietro alle splendide spiagge e alle tranquille risaie si nasconde una realtà politica piuttosto triste. Ciò che viene spesso dimenticato, o cancellato, nelle guide turistiche, infatti, è il severo regime comunista che è ancora in vigore: la libertà di espressione politica è piuttosto limitata e gli abusi sui diritti umani sono all’ordine del giorno. Ed è proprio in questo contesto che il Parlamento Europeo ha deciso di tenere a settembre una conferenza sulla situazione dei diritti umani in Cambogia, Laos e Vietnam.

Dopo il dibattito Marcia Kammitsi ha incontrato uno dei relatori, il monaco buddista — nonché rifugiato politico vietnamita — Thich Tri Luc (nella foto).

C’è qualcosa di particolare in Thich Tri Luc. La sua grazia, la gentilezza e una particolare bellezza interiore che lo contraddistinguono dalle altre persone. Mi ha salutato tra il caos del dopo-conferenza nella sala dove si erano ormai raccolti giornalisti e membri del Parlamento interessati all’argomento. La storia che aveva raccontato, le violenze, il rapimento, gl’interrogatori e l’arresto da parte delle autorità vietnamite per il suo ruolo nella Chiesa Unita Buddista Vietnamita, mi risuonavano ancora in testa. Gli chiesi come si fosse sentito durante la conferenza: per lui era stata «una buona occasione per parlare delle violazioni dei diritti umani, dei quali raramente si parla, e per aiutare la gente che versa in situazioni simili. E magari anche far sì che altri prigionieri vengano liberati». Gli sembrava una cosa straordinaria il fatto di essere lì e poter fare qualcosa che in zone come l’Europa ormai si dà per scontato: essere liberi di parlare. Thich Tri Luc ha spiegato che il partito comunista vietnamita controlla tutti i corpi religiosi legalmente dichiarati, e coloro che professano una fede diversa da questi preferiscono legarsi a movimenti indipendenti, piuttosto che sottostare al controllo dello Stato. Un esempio è la Chiesa Buddista Unificata Vietnamita (Ubcv), che fino al 1975 era la maggiore organizzazione buddista. Quando gli è stato chiesto del suo primo arresto nel 1992, accusato di fare propaganda antisocialista, il monaco ha raccontato d'essere stato agli arresti per dieci mesi senza un processo, di essere stato torturato e interrogato dalla polizia di sicurezza: che aveva tentato di forzarlo a diventare un loro informatore. In seguito fu «imprigionato per trenta mesi e costretto a cinque anni di arresti domiciliari in Vietnam per avere aiutato nel 1994 l’Ubcv ad organizzare una missione umanitaria per gli alimenti destinati alle vittime della strage del Delta del Mekong». Anche dopo che la prigionia era finita, le autorità avevano continuato a torturarlo e a privarlo dei diritti umani fondamentali. Alla fine non ebbe altra scelta se non scappare in Cambogia, nel 2002. In cerca di asilo politico.

Leggi il resto dell'articolo di Marcia Kammitsi, tradotto in italiano da Chiara Locatelli sul sito di CaféBabel.

Inserito Sab - Ottobre 1, 2005, 06:05 p. in

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