Come con un bastone il pastore mena il suo bestiame al pascolo, così la vecchiaia e la morte sospingono le vite degli esseri (Dhammapada, 135).
In una città del Magadha di nome Alavi c’era una volta un povero vedovo che aveva una sola figlia e che per campare faceva il tessitore. La fanciulla sbrigava le faccende di casa, aiutava il padre e passava il tempo libero meditando sulla morte, come le era stato insegnato dal Buddha che era passato per Alavi qualche anno prima. Un giorno accadde che il Buddha si trovò a ripassare per Alavi e, come si usava, si fermò in piazza per tenervi un discorso. La fanciulla avrebbe desiderato andare a rivedere il maestro per prenderne il darshan, ma il padre le ordinò di restare ad aiutarlo. Lei, obbediente, restò in bottega. Ma a un certo punto il tessitore terminò la lana, ragion per cui dovette mandare la figlia a prenderne dell'altra. Per andare dalla bottega al magazzino in cui il padre teneva la lana grezza, la ragazza doveva attraversare la piazza dove il Buddha sedeva circondato da monaci, discepoli paesani e forestieri curiosi, così, quando passò per di là col canestro in capo, il Buddha le fece cenno d'avvicinarsi.
Si dice che non sia possibile resistere alla chiamata d'un Buddha, perciò la ragazza, nonostante il suo primo dovere, secondo il costume indiano, fosse l'obbedienza al padre, s'avvicinò al Buddha e si prostrò ai suoi piedi. Il maestro le chiese: «Da dove vieni?». «Non lo so» rispose. «E dove vai?» chiese ancora il Maestro. «Non lo so», rispose ancora. «Non lo sai?» chiese ancora lui. E lei: «Sì, lo so». «Lo sai?» incalzò il Buddha. E lei: «No, non lo so». Mentre avveniva questo singolare colloquio, la gente attorno cominciò a mormorare: «Che stupida ragazza, non sa che dire e così s'impappina. Direbbe qualunque cosa pur di compiacere il Buddha». Il Buddha udì il mormorio della gente e alzò una mano per far cessare il brusio. Poi, rivolto all'uditorio disse: «Non avete capito nulla. E ora ve lo dimostro».