«Qualcuno»


Quella che segue è la mia traduzione dall'inglese di una poesia di Stephen Batchelor ispirata al capitolo XXVI della Madhyamaka Karika di Nāgārjuna. Si tratta di un'esposizione sintetica della dottrina della produzione condizionata (paţicca samuppāda) In particolare ho riflettuto a lungo su come tradurre impulsive e self-conscious. Ho tradotto il primo termine con «impulsivo» (con un po' di disagio, perché la parola in italiano è molto meno dotta che in inglese e poi sono stato in dubbio con «compulsivo», che però implica, forse, un'ossessione patologica, non presente in impulsive) e il secondo con «identificato», perché il termine self-conscious, in inglese, non ha soltanto il significato di auto-cosciente, ma anche quello di cosciente (sgradevolmente) dell'attenzione altrui su di sé, quindi timido, impacciato.

Irretito dall'ignoranza, sopravvivo forgiandomi un destino coi miei atti impulsivi. Identificandomi, entro in situazioni in cui la personalità si dispiega e il mondo impatta sulla mia anima sensibile.

Nagarjuna
La personalità crea l’identificazione, proprio come l’attenzione, l'occhio e una forma colorata producono la visione.

L'impatto è la confluenza dell’identificazione e del mondo. Conduce ad esperienze che bramo di fare e/o di evitare. La brama m'inclina alla sensualità, alle opinioni, alle regole e ai ruoli.

Attaccamento è insistere ad essere “qualcuno”; non-attaccamento è esser liberi d’essere nessuno.

Essere “qualcuno” vuol dire essere compresi nel ruolo, impulsivi, in balìa del pensiero, identificati col corpo, che è nato, invecchia, muore, soffre tormento, dolore, dispiaceri, depressione, ansia.

L’angoscia emerge quando “qualcuno” nasce.

Gli atti impulsivi sono la radice della vita. Gli sciocchi sono impulsivi ma i saggi vedono le cose così come stanno. Quando la confusione cessa con la pratica dell’introspezione, anche gli atti impulsivi cessano.

Arrestando ciò che non accadrà, l’angoscia finirà.

Nagarjuna

Inserito Gio - Settembre 1, 2005, 03:34 p. in

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